Itinerari

Sentiero n. 1: VIA DEGLI STAZZI

La “Via degli Stazzi”, consente, con una marcia di poco meno di 8 Km., di attraversare tutta la “Montagna di Sopra”. Il tracciato inizia dal Fontanile di S.Vito, luogo nei pressi del quale, fino alla metà dell’800, era ubicata l’omonima chiesa. Riempita la borraccia, si imbocca, in salita, la sterrata adiacente e dopo circa mezz’ora di cammino, qualche centinaio di metri prima dei prati di S.Vito Vecchio, si svolta a destra seguendo una sterrata secondaria che conduce, poco più a monte, ad una piccola radura, nei pressi della quale ci sono delle vecchie opere di presa (controllare i segni rossi sui sassi e sugli alberi). Lasciato lo spazio erboso, ci si inerpica in mezzo a giovani faggi, in una zona una volta coltivata. Dopo un’abbondante ora di marcia si raggiungono i “Prati de Feliciono” (quota 1.236) luogo, in parte umido, in passato spesso conteso tra Canistro e Pescocanale. In pochi minuti di marcia ci si rituffa di nuovo in mezzo ai faggi, inerpicandosi sulla montagna.
In 20/30 minuti di cammino si raggiunge “l’Ara Carosina” (quota 1.363), una piccola radura erbosa che affaccia verso la Valle Roveto. Si rientra velocemente nel bosco e il sentiero costeggia faggi sempre più maestosi. In 20/30 minuti, percorrendo un sentiero molto evidente, si raggiunge, nei pressi di un grande masso, la S.P. “Simbruina”, all’altezza de “Gli Stazzi” di Canistro ( alias “Colle Arcaro”, quota 1.581, 5,5 Km. dal fontanile). Dopo una doverosa e meritata pausa sui prati adiacenti o sulla vicina balconata da cui si vede tutta la Valle Roveto e la Marsica, magari mangiando un po’ di frutta per ricaricarsi, si riprende il sentiero che si snoda qualche metro sopra la strada. In mezz’ora di marcia, su un tracciato abbastanza dolce, si arriva al bivio per Colle Mozzone ( a destra). Si prosegue dritto, il sentiero si fa più erto, e dopo circa 20 minuti gli onnipresenti faggi cedono il passo alle praterie ai piedi del Monte Viperella. Lasciato il bosco, in poco meno di 10 minuti, seguendo un evidente sentiero segnato in rosso sui sassi, si raggiunge, dopo complessivi 7,9 Km. di marcia, il punto più alto del comune di Canistro: cima Monte Viperella - q. 1.834, 2,4 Km dagli “Stazzi” -, dove si gode di una vista maestosa su tutta l’ampia cresta del Viglio (q.2.156) che si può raggiungere in un paio di ore. In alternativa, dirigendosi ad ovest, si può proseguire per Campo Staffi e poi per il mitico Monte Tarino (q.1961 ) o per il Santuario della SS. Trinità, percorrendo un itinerario diverso da quello tradizionale attraverso la Renga. 

A Zonzo nella “Montagna di Sopra” e nella “Montagna di Sotto”, Sergio NATALIA, L@ Fonte, Anno II, N. IV, agosto 2012

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Sentiero n. 2: VIA DELLA SERRA

La “Via della Serra”, è quello più noto: quasi ogni anno è meta di escursionisti, provenienti da tutto l’Abruzzo ma anche dal Lazio, e porta ancora le vecchie “marcature” giallo-rosse del CAI.
Si può partire o dal fontanile di S.Vito di Canistro Superiore o dalla Sponga.
Dal fontanile, seguendo l’adiacente sterrata, dopo una buona mezz’ora di cammino, si arriva all’altezza dei prati di S.Vito dove una volta c’era un piccolo distaccamento militare ( alias la casa dei soldati) a presidio dell’importante passo. Si prende il sentiero a destra che entra nel bosco e dopo meno di 10 minuti di cammino, costeggiando una recinzione, si arriva ad un vecchio traliccio dismesso (2,3 kilometri dal fontanile)
Dalla Sponga (q. 800), invece, si raggiunge in pochi minuti la piazzola posta in alto a sinistra del laghetto più piccolo. Da qui inizia il sentiero segnato che si lascia dopo circa 500 metri per imboccare, sulla destra, quota 915, un sentiero più stretto, il quale dopo ulteriori 500 metri si ricongiunge più a monte (quota 930), una ventina di metri prima del traliccio dismesso, con il sentiero per la Serra ( Km. 1,45 dalla Sponga, circa 20 minuti di cammino).
Dal traliccio abbandonato inizia l’erto sentiero per la Serra, segnato in giallo/rosso, che si snoda, sempre più in pendenza, tra una maestosa faggeta. A metà percorso si incontra l’epico “favo de mesa serra” a cui si affiancano altri taciturni giganti arborei della stessa specie e ogni tanto qualche piccola grotta, una delle quali, da lontano, con un po’ di fantasia, sembra una maschera gigante.
Verso la fine il percorso si fa più “erto” e più stretto. E’ in questa parte della strada che briganti con il volto tinto spesso assalivano gli impauriti viaggiatori, costretti a “sborsare”, per evitare severe pene, scudi o marenghi. Ricapitolando l’arduo trekking: in poco più di un’ora di cammino per chi ha un passo svelto e di circa due ore per chi cammina più lentamente, si raggiunge il passo, a quota 1601 e a circa 5,4 kilometri dal fontanile. Consigliamo questo faticoso itinerario a chi è ben allenato ed abituato “alle salite ardite”. Dal valico “Serra S.Antonio”, per raggiungere la vetta del Viglio (m. 2.156) si impiegano, a seconda del “passo”, dall’ora e mezza alle 2 ore e mezza

A Zonzo nella “Montagna di Sopra” e nella “Montagna di Sotto”, Sergio NATALIA, L@ Fonte, Anno II, N. IV, agosto 2012 

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Sentiero n. 3: VIA DEGLI AVEZZANESI

La “Via degli Avezzanesi”, poiché porta ad Avezzano, segnato in bianco e rosso, a differenza degli altri due si snoda nella “Montagna di Sotto”.
Il trekking parte dal cimitero di Canistro Inferiore. Seguendo un breve sentiero in forte pendenza si arriva, in pochi minuti, alla SS. 82. Traversata velocemente la strada (attenti alle macchine!), si imbocca la via del “Renaro”. Dopo circa 20/25 minuti di cammino, oltrepassata la galleria artificiale della Superstrada del Liri, si imbocca “Jo Funno della Portella” (sulle carte antiche il sentiero è denominato “Ara del Maestro”). Da qui, dove si gode una bella vista su Canistro e sulla vasca di carico della centrale “Pratofranco”, il sentiero, molto bello, entra in un bosco di conifere, frutto di un rimboschimento dei primi anni ’50 del ‘900. Dopo circa mezz’ora di cammino (in inverno è possibile ammirare numerosissimi pungitopi), si lascia il sentiero principale che prosegue verso ”Fossa Ferriera” e poi per la vetta del Monte Bello (q. 1.563), si svolta, a quota 985, repentinamente a sinistra (a destra si va verso Civitella) e si imbocca la “via degli Avezzanesi”. Il sentiero si restringe e si fa meno visibile (non preoccupatevi, però, ci sono sempre i segni bianco-rossi a guidarvi). In circa 1 quarto d’ora di cammino si raggiunge lo spiazzo della “Ariola” (3,2 Km dall’inizio del percorso, a poche decine di metri dal sentiero) una bella balconata fiorita, un tempo coltivata a lupini, da dove si ha una superba vista su Canistro ed i Simbruini. Riprendendo il sentiero, si prosegue verso nord in mezzo a giovani boschi di quercia, interrotti da bei ginepri alcuni dei quali, superata la località “I Pretari”, molto grandi. In circa un’ora di cammino dalla “Ariola” si arriva ad una fonte, detta “Pantaneccia” (5,3 Km dall’inizio del percorso), quasi asciutta in estate, luogo frequentato dai numerosi animali che popolano l’area: caprioli, cinghiali, lepri e, da qualche anno, anche lupi. Proseguendo per qualche decina di metri si arriva ad un bivio ( fare attenzione ai segni sui sassi). Qui l’escursionista ha due alternative: o svoltare a destra o, invece, proseguire nella stessa direzione di marcia.
Nel primo caso, svoltando a destra, dopo pochi metri, a quota 1.119, ci si rituffa, scendendo, in un bosco di faggi in direzione della chiesa della “Trinità” che si raggiunge dopo circa un’ora di marcia, seguendo un bel sentiero “riscoperto” con il determinante supporto del Prof. Paolo Di Stefano, docente universitario e “geografo” per hobby. Il sentiero, sempre evidente, della lunghezza di poco più di 3 kilometri, contrassegnato da segni bianco-rossi sugli alberi e sui sassi, sbocca sulla sterrata di “Valle Fredda”, sotto la chiesa. Da qui o si percorre, salendo, la sterrata e si arriva alla chiesa, da dove, in 3 quarti d’ora, si raggiunge Luco dei Marsi, scendendo lungo un’altra sterrata che costeggia il luogo di culto; oppure dopo il laghetto si svolta a sinistra e si segue, seguendo i segni bianco-rossi, un’evidente sterrata che traversa tutta la sella tra il Fucino ed i Piani Palentini. Dopo circa 30 minuti di cammino, ad un evidente bivio, o si scende repentinamente in basso verso Avezzano seguendo i segni bianco-rossi fino all’imbocco di Via S.Francesco (in circa 45 minuti dal bivio); oppure proseguendo nella stessa direzione di marcia si raggiunge, in circa un’oretta di cammino, il santuario di Petraquaria.
Invece, nel secondo caso, proseguendo nella stessa direzione di marcia, l’escursionista dopo pochi minuti raggiunge il piccolo altipiano chiamato “Termini”: a destra la vista spazia verso il Fucino e le numerose montagne che lo coronano; a sinistra in basso, verso Canistro ed in alto si ammirano le vette dei maestosi e freschi Simbruini. Da qui, sempre seguendo il sentiero segnato in bianco-rosso, si arriva ad un traliccio (10 minuti dalla “Pantaneccia”), si inizia a scendere e in circa 40 minuti si arriva ad un traliccio di alta tensione. Dopo un’altra buona mezz’ora di marcia, sempre scendendo il sentiero (nei pressi del quale sono ancora evidenti le postazioni antiaeree tedesche risalenti alla II Guerra Mondiale), si arriva alla SS 82, nei pressi di una nicchia dove è collocata una piccola Madonnina (località “La Madonella”), qualche centinaio di metri dopo l’inizio del muraglione di Capistrello. Qui avete due alternative: o tornate al luogo di partenza percorrendo per qualche kilometro la strada, o scendete in basso verso il Liri. Guardando la carta, vi renderete conto che, seguendo un percorso a ferro di cavallo, avete attraversato con qualche ora di bella marcia tutta la “Montagna di Sotto”. 

L@ Fonte, Anno II, N. IV, agosto 2012, A Zonzo nella “Montagna di Sopra” e nella “Montagna di Sotto”, Sergio NATALIA, il quale ha ripulito il sentiero con il supporto dell’Assessore Massimiliano Bisegna 

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Sentiero n. 4 “Sentiero delle  Quattro Fonti”

Canistro – Fonte S. Croce (Cotardo) – Capranica - Fonte S. Antonio (Sponga)- Fonte Frattaturo – Sorgente S.VitoIl “Sentiero delle Quattro Fonti” è un trekking rilassante e tranquillo, adatto per tutti, che non richiede grande preparazione fisica, ma solo un po’ di allenamento. L’itinerario consente di visitare i posti più belli, sotto l’aspetto naturalistico, di Canistro e soprattutto di bere l’acqua delle numerose e famose fonti del paese. Il sentiero parte da Piazza Municipio. Da qui, scendendo, via Rio Sparto, si arriva sotto il Villino, bel palazzo costruito negli anni ’20 del 900. Dal lato destro della dimora gentilizia si imbocca l’antica mulattiera del “Cretazzo”, dopo pochi minuti di marcia interrotta dalla strada Panoramica. Traversata  la strada  si  riprende  nuovamente la mulattiera, costeggiata  da bei boschi di castagno,  che sbocca,  dopo scarso un kilometro, nell’ultimo curvone  della strada comunale per il Cotardo, nei pressi degli ex uffici della Santa Croce. Si segue, in salita, la strada e dopo circa 500 metri, alla fine del recinto della Clinica Ini, si svolta a destra e dopo pochi metri  si prende, sulla sinistra, la sterrata per Colle Capranica. Dopo circa un centinaio di metri si arriva ad una fontana dove sgorga la famosa acqua S.Croce, la cui sorgente è ubicata poco più in alto. Il luogo, fino alla fine degli anni ’60 del ‘900, era meta  di numerosi marsicani che salivano a piedi da Canistro per prendere la miracolosa acqua. Dopo una bella bevuta, accorta per chi ha la pressione bassa, abbondante per gli ipertesi, si prosegue in mezzo ad un bellissimo bosco di castagneti e si arriva, dopo tre quarti d’ora di marcia, a Colle Capranica (quota 873), antico ocres fortificato ubicato in posizione dominante rispetto alla valle del Liri  e, un tempo, snodo di  un importante sistema viario. Raggiunta la fontana del piccolo borgo rurale  si segue la strada asfaltata per Civitella che si lascia, dopo un quarto d’ora, imboccando sulla sinistra l’ampia sterrata per la Sponga, dove si arriva, dopo poco più di un kilometro, in circa mezz’ora di marcia (4,8 kilometri dall’innesto del  sentiero).
Dopo una rifocillata, nello splendido Parco, sopra il quale sgorga la famosa acqua Sponga, alias S.Antonio, si raggiunge il parcheggio da dove, superato un sopravia in cemento, poco più in alto, si prende, mantenendosi a destra, un evidente sterrata ( ogni tanto ci sono i segni bianco-rossi del CAI). Si sale per circa 100 metri, poi si costeggia per circa una cinquantina di metri un manufatto in costruzione a cui segue un bel muro in pietra che si affianca, in sali e scendi, per altri 200 metri. Dopo pochi minuti si raggiunge Fonte Frattaturo (ingabbiata, sulla sinistra, in un piccolo manufatto in cemento) caratterizzata dal forte rumore della sorgente. Si prosegue e dopo un paio di centinaia di metri si lascia la sterrata prendendo, sulla destra, uno stretto sentiero che in pochi minuti  di cammino, con bei panorami verso Canistro Capoluogo,  porta ad una biforcazione. Qui si prende il sentiero che sale repentinamente a sinistra ed in meno di cento metri di marcia ci si ritrova sulla sterrata (poco più di un Kilometro dal parcheggio della Sponga e circa 30 minuti di marcia), a pochi minuti di cammino da  Fonte di S.Vito, che rumoreggia poco più in basso. Raggiunta la sterrata o si torna indietro, percorrendo il sentiero 4 all’inverso, o seguendo, in discesa, i sentieri 1-2, in 10 minuti si arriva al Fontanile di S.Vito ( poiché nei pressi un tempo era ubicata la chiesa dell’omonimo santo). Da qui si risale, per pochi centinaia di metri la Strada Provinciale e, superato, sulla destra, il muro del cimitero di Canistro Sup., si scende e poi si risale, per un paio di centinaia di metri, l’antica Via del Gioco. Superata la splendida piazza Immacolata, cuore del centro storico di Canistro Superiore, si arriva in pochi minuti alla Chiesa Vecchia, splendido il panorama su Canistro Inferiore e sulla Valle Roveto. Si continua a scendere, traversando la parte più antica del paese,  seguendo i gradoni che conducono alla vecchia porta di ingresso del borgo. Superata la quale si svolta a sinistra, camminando per un centinaio di metri sulla strada asfaltata, e si raggiunge, in pochi minuti, la piccola chiesa di campagna della Fonticella, circondata da maestosi castagneti. Da qui parte la mitica “Via della Costa”, antichissima mulattiera che fino alla metà degli anni ’30 del ‘900 univa Canistro Superiore a Canistro Inferiore. Il primo tratto di strada è molto ampio. Poi, superata la “Conetta”, piccola edicola religiosa posta a sinistra della vecchia mulattiera, si scende con forte pendenza verso la piazza di Canistro Inferiore, dove si arriva dopo 15 minuti di marcia.

(a cura di Sergio Natalia, con la collaborazione dell’Assessore Massimiliano Bisegna)
 
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Trekking: SANTISSIMA TRINITA’
Il Pellegrinaggio alla SS. Trinità (mese di giugno) e a Sant’Anna (26 luglio) è senz’altro, ancora oggi, una delle tradizioni più sentite a Canistro. Il pellegrinaggio ( dal latino “per agros ire”, andare per campi) è ancora molto diffuso in Abruzzo, soprattutto nei mesi di maggio e Giugno; una volta ci si andava rigorosamente a piedi, oggi, invece, si preferisce il pullman. Il santuario della SS. Trinità si trova nel comune di Vallepietra (regione Lazio), nel cuore dei Simbruini, sul fianco meridionale del colle della Tagliata, nella parte meridionale del Monte Autore (q. 1.853), a soli due Kilometri dai confini con l’Abruzzo. L’antichissimo luogo di culto è ubicato, a quota 1.337, su uno stretto e lungo ripiano ai piedi dello scoglio di roccia a strapiombo alta 300 metri. Sotto il Santuario nasce il Simbrivio che si getta nell’Aniene. Le vie di accesso al luogo di culto non sono molto agevoli, data la sua posizione in una strettoia e all’ombra di una parete rocciosa al di sotto della quale si apre un burrone abbastanza ripido ed in gran parte boscoso. Il Santuario ... sospeso tra due scondiscimenti vertiginosi ... affonda le proprie radici nella protostoria. Il prof. Brelich, studioso di storia delle religioni, dopo aver partecipato ad un pellegrinaggio nel 1952, ha scritto un saggio denso di stimolanti osservazioni storico-religiose (Angelo BRELICH, Un culto preistorico vivente nell’Italia Centrale, in Studi e Materiali di Storia delle Religioni, Vol. XXIV-XXV - 1953-54-, Zanichelli Bologna, 1955). A suo parere si tratta di un ...culto contadino... antichissimo a cui si è poi sovrapposto quello cristiano. Sono molti gli elementi che dimostrano ciò: il pianto delle zitelle; il lancio delle pietre nel fiume al ritorno dal santuario; la grotta vicino ad una sorgente; la raccolta di fusti lungo il sentiero (dendroforia); il lancio delle pietre (gettare le pietre = gettare i peccati) sui cumuli di pietre (gli attuali Ringraziamenti) posti lungo il tragitto; i bastoni adornati con l’effige della Trinità; ecc. Alla luce di tali elementi il prof. Brelich ha formulato l’ipotesi che ci troviamo di fronte ad un complesso cultuale precristiano, risalente addirittura ad una civiltà italica agraria preromana: gli elementi più rilevanti del culto ...si ritrovano nell’antico mondo mediterraneo anteriormente all’egemonia culturale ellenica... D’altra parte, fa notare lo studioso di origine ungherese, i pellegrinaggi popolari affondano le radici ...in un passato pregreco... e ...non sono documentati nel mondo romano....
Al santuario le “compagnie”, soprattutto dal Lazio e dall’Abruzzo, si recano ancora a piedi, alcuni, una volta, anche a piedi nudi in segno di devozione o per voto, ma i fedeli provengono anche da altre parti dell’Italia Centrale e Meridionale, a dimostrazione che con il passare degli anni la devozione si è rafforzata.
Il culto secondo la tradizione è nato da un episodio miracoloso: un uomo arava i campi della Tagliata che sovrastano il santuario ed i suoi buoi improvvisamente caddero nel precipizio, alto 300 metri. L’aratro restò appeso alla roccia, secondo alcuni ancora è li ( tutti ci siamo sforzati di vederlo ogni volta che siamo andati in pellegrinaggio), e i buoi furono ritrovati dall’impaurito contadino nel ripiano sottostante, illesi e genuflessi in atto di adorazione verso un’immagine della SS. Trinità dipinta nell’attigua grotta. In questo luogo, dove presumibilmente sorgeva un “antico tempietto pagano”, è stato costruito il santuario, molto probabilmente risalente all’anno 1.000. Sul piazzale sorgono diversi centri di devozione: la chiesetta Santuario della Santissima Trinità, la cappella del Crocifisso, la cappellina di S.Anna e quella di S.Giuseppe, restaurata per l’adorazione eucaristica. L’immagine venerata nel santuario è l’antichissimo affresco raffigurante la SS. Trinità risalente al secolo XI.
Il Trekking della S.Trinità: itinerario
Una volta, andare a S. Anna o alla Trinità era per molti ragazzi una sorta di “iniziazione”. A Canistro Inferiore ci si raduna, un’ora dopo la mezzanotte, a Piazza Municipio, da qui si scende verso la stazione e, seguendo la ferrovia, si arrivava a Pescocanale. Dalla piazza del pittoresco paese rovetano, a notte fonda, ci si dirige, attraverso una sterrata, verso il fosso di Rianza e si risale l’erta salita della “Regna”: in alto, salendo, si stagliano, in mezzo al cielo stellato, due agili cime. Arrivati, dopo circa due ore di faticosa marcia, in cima (alla “Regnetta”), si consuma il primo spuntino ( una volta costituito, rigorosamente, da pane e frittata) bevendo all’omonima fontana, poi si riparte traversando, all’alba, “Pratono” ( Piani della Renga, q. 1.360), spesso coperto dalla nebbia, e da qui si sale la Ciria, boscosa montagna della “Catena della Renga”. Arrivati, verso le 7,00 al valico, Croce Campitelli, q. 1.695, ( “Le Croci”, in quanto ci sono numerose croci annegate in cumuli di pietra), si aggiunge un sasso al Ringraziamento. Poi, dopo una sosta, si scende, traversando la zona chiamata “La Monna”. Dopo circa mezzora di marcia, all’altezza di Campo Ceraso, q. 1.480 (sui Simbruini le radure si chiamano “Campi”, come le piazze di Venezia ), all’orizzonte, sulla sinistra, si staglia la mitica e boscosa vetta del Tarino ( q. 1961) e, sempre scendendo, si arriva, verso le 10,00, alla “Fonte della Signora” (q. 1.360), dove durante il periodo del brigantaggio ci fu un cruento scontro tra quasi cento briganti ( gli insorgenti, come scrivevano le cronache dell’epoca ) e forze dell’ordine. Qui si riempie di nuovo la borraccia e, dopo una breve sosta, si sale verso il santuario nei pressi del quale la compagnia si riunisce con in testa lo stendardo. L’arrivo al santuario si accompagna ad una serie di gesti rituali, forse il più tipico, ormai passato in disuso, è lo “schiaffo” allentato a coloro che andavano in pellegrinaggio la prima volta i quali, rispondendo timidamente “sci” alla domanda “glio viti jo peschio”, ricevevano una sonora sberla. Anche gli ex voto erano molto diffusi, soprattutto dei militari scampati ai furori della guerra o ai rigori della prigionia.. Come affermava un ex militare di Capistrello: ...se la Trenità me fa la grazia... appena “revengo” vado in pellegrinaggio.
Tornando alla descrizione del viaggio, al ritorno, dopo un’abbondante libagione alla Fonte della Signora, verso le 15,00, con fatica, perché a stomaco pieno, si risale la Ciria dove si arriva dopo oltre 2 ore di cammino. Dopo una breve sosta si scende per circa una mezz’ora e ci si accampa a “Metà Ciria” dove si trascorre la notte riscaldati da grandi fuochi attorno ai quali si raccontano storie antiche e moderne. Sul far dell’alba si ridiscende verso i “Piani della Renga”, bagnati dalla rugiada del mattino. Traversato l’altipiano si “cala” il ripido sentiero della Renga che a circa quota 900 m. si abbandona svoltando a destra verso Canistro Superiore, percorrendo terreni incolti e nell’ultimo tratto la strada asfaltata. La mattina del 26 ci si ritrova tutti a Canistro Alto e, dopo la classica pizza, verso le 9,00, scendendo per l’antichissima “Via della Costa”, si arriva alla Conetta ( piccola edicola sacra di campagna) dove, con in testa di nuovo lo stendardo, cominciano i canti mentre la gente del paese viene incontro alla compagnia cantando e pregando. La cerimonia si conclude con una messa solenne.
Il Pellegrinaggio alla S. Trinità ed a S. Anna ancora oggi è molto seguito a Canistro. La miscela emotiva che porta numerosi giovani a affrontare tanti kilometri a piedi scaturisce non solo da sentimenti religiosi ma anche dalla volontà di riscoprire le proprie radici, dalla voglia di stare insieme, dall’esigenza di ritornare alla natura.

(la presente descrizione è tratta da: Sergio NATALIA, Canistro tra Mito e Storia, LCL Industria Grafica, Avezzano, 2012, pagg. 463-466)

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